Installazione ascensore - Avv. Pangrazi

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Cosa  si può fare quando l’assenza di un ascensore nel condominio rende  difficoltoso o addirittura impossibile l’accesso all’edificio per un  condomino portatore di handicap?
Studio Legale Alberto Pangrazi Liberati
        a cura del Dott. Leonhard Burgmann
La posizione del soggetto portatore di handicap ha conosciuto considerevoli innovazioni negli ultimi decenni.
Il legislatore e la Giurisprudenza infatti, hanno prestato maggiore attenzione e mostrato più sensibilità per le esigenze legate alla disabilità, con la promulgazione delle Leggi 09.01.1989 n.13 e 05.02.1992 n.14 e la emissione di Sentenze favorevoli alla risoluzione di tali problematiche.
In questo senso si è mossa anche la Corte Costituzionale, la quale con la Sentenza n.167/1999, ha affermato che l’impossibilità per il disabile di accedere alla pubblica via, lede il diritto del portatore di handicap ad una normale vita di relazione è può costituire un ostacolo allo sviluppo della sua persona, nonché una lesione al suo diritto alla salute. La Consulta ha quindi dotato di rilevanza Costituzionale la possibilità del soggetto portatore di handicap di potere accedere senza ostacoli alla propria abitazione, ricollegando tale facoltà con i fondamentali diritti allo sviluppo della persona e alla salute.
Profili pratici
Fermi e consolidati i principi di cui sopra, va comunque segnalato che l’installazione di un ascensore nel condominio è da considerarsi innovazione ai sensi e per gli effetti dall’art. 1120 c.c.; in quanto innovazione tuttavia, dovrà venire approvata dal condominio nel rispetto delle maggioranza di legge: con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, salvo quanto previsto nel caso di innovazioni vietate.
Tuttavia, nel caso in cui l’assemblea condominiale non intendesse prestare assenso alla installazione, oppure nel caso non si volesse esprimere sulla richiesta entro tre mesi, l’art. 2 della Legge 09.01.1989 n.13, stabilisce che i portatori di handicap possono provvedere comunque all’installazione a proprie spese, fermi i limiti di cui all'art. 1120 c.c., comma 4, e art. 1121 c.c., comma 3.
Il primo limite prevede l’obbligo per il condòmino che fa richiesta di un intervento volto alla rimozione di barriere architettoniche, di indicarne specificamente il contenuto e le modalità. In caso di richiesta regolare l’Amministratore sarà tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla stessa.
Il secondo limite riguarda la possibilità per gli altri condomini di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo però nelle spese di esecuzione  dell'impianto ed in quelle di manutenzione dell'opera.
Infine va osservato, come la realizzazione dell’opera volta all’eliminazione di barriere architettoniche possa essere realizzata in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati, fatto salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.
La distanza minima di tre metri dettata dagli artt. 873 e 907 verso il fondo vicino / dalle vedute, deve quindi essere rispettata anche nel caso di intervento volto alla rimozione di barriere architettoniche.
In caso di lite, dovrà essere eseguito dal Giudice un attento ed equilibrato giudizio fra le ragioni del soggetto disabile ed i diritti dei proprietari di immobili finitimi. Esiste naturalmente anche la protezione del diritto del vicino a non subire lesioni al loro diritto alla salute “effetto della costruzione di intercapedini, tali da incidere sulla salubrità della costruzione” (T.A.R. Lazio n.726 22.09.2014).
L’eventuale distanza maggiore di tre metri, eventualmente prevista dai regolamenti locali, dovrà invece cedere dinanzi alle esigenze del portatore di handicap e potrà quindi essere derogata (vedi T.A.R. Lazio n.726 22.09.2014).
Si conclude
Si può pertanto concludere, prendendo atto del notevole innalzamento del livello di attenzione di dottrina e giurisprudenza nei confronti delle disabilità, con il netto abbandono del criterio di irrecuperabilità dei soggetti portatori di handicap, in favore dell’impegno sempre crescente per poter loro permettere di godere di una vita sana e di relazione che ne agevoli lo sviluppo personale.
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